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In una chiacchierata tra un vecchio amico di famiglia e una ragazza curiosa di sapere - tra una tisana ai frutti di bosco e una passeggiata al parco con il cane - l'autore ci racconta cos'è l'economia, materia di solito ostica e riservata agli addetti ai lavori. Anzi, l'altra economia. Quella che potrebbe risanare il pianeta. Quella degli economisti eterodossi, non allineati al potere, dunque invisi a banchieri e plutocrati e tuttora lasciati nel dimenticatoio. Segnatevi questi nomi: Silvio Gesell, Clifford H. Douglas, Alfred R. Orage, Hjalmar Schacht, il poeta Ezra Pound, Giacinto Auriti. Tutti loro hanno sempre tenuto ben presente l'etimo della parola "economia", il suo intimo significato: il buongoverno della casa e, più estesamente, della città e dello Stato (dal greco ôixsos, casa, e nómos, governo). E hanno sostenuto concordi, lungo lo svolgersi del Novecento, che «la moneta ha la funzione di facilitare gli scambi di beni e servizi, a vantaggio di tutta la comunità»; in altre parole, la moneta è stata inventata semplicemente per sostituire il baratto con tutti i suoi disagi.